martedì 30 dicembre 2008

Anno nuovo.

I propositi ci sono tutti, e sono buoni.
Pe riallacciarsi al post precedente, no, domani non andremo in un bar alcoolico. O almeno spero.
Il programma è quello di andare al 798, il quartiere degli artisti, un'ex fabbrica adibita a centro culturale in cui in ogni blocco c'è una mini mostra d'arte(e non) contemporanea.
Il programma è di andare lì perchè pare ci sia una mega festa, non so altro.
Spero vivamente che non si debba stare all'aperto perchè fa -723094°, e quando tira vento è anche peggio. Ma non credo, perchè i cinesi amano i luoghi caldi e chiusi (non sono mica autolesionisti), e soprattutto amano fumare a pazzi in questi luoghi caldi e chiusi (sì, sono autolesionisti).
Il fatto che non si sappia altro comporta una buona probabilità di fallimento del programma stesso, ma non importa. tutto sarà meglio di quel sabato, sotto la pioggia, passato ad inseguire taxi.

Vi farò sapere.

sabato 27 dicembre 2008

Prontuario1 -negozi-

Macelleria- No, in Cina non ci sono macellerie. O almeno come ce le immaginiamo noi. O almeno come siamo abituati a vederle noi. C'è un reparto carne al supermercato, ma più che repart carne sembra la fiera degli orrori.
Prima di tutto la carne te la pigli tu, in linea di massima, con le mani e la ficchi in bustine di plastica. Se però ti occorre l'espertoaiuto del "macellaio", ci sono un paio di tizi, ma sono addetti solo alle fette di carne particolarmente grosse (mezze mucche, maiali interi e così via).
Poi c'è tutta una serie di strane carni, di strani pezzi di animali. Cose che io finora pensavo fosse umanamente impossibile mangiare.
Appesi a speciali "appendiabiti"una serie infinita di polli e anatre tagliati perfettamente a metà. Non sono cose da mangiare, come diceva saggiamente Ian, ma ventagli.

Questo, ovviamente, nel supermercato.
Se invece non sei una persona chic e fai la spesa come tutti i comuni cinesi, allora la carne la puoi trovare schiaffata su tavoli di legno, magari dal fruttivendolo, graziosamente coperta da uno strofinaccio chiazzato di sangue e olio di macchina.
(ecco la risposta alla tua domanda, cara mamma: ma perchè non vi comprate un pò di carne e ve la cucinate a casa?)

Sali e Tabacchi
Le nostre tabaccherie non esistono. Esiste lo spaccio, che vende un pò di tutti, o luoghi ibrido che si chiamano letteralmente: Alcool e tabacchi. L'amore per l'alcool è parte della tradizione qui in Cina.

Bar
Il bar non esiste. Esistono i "bar alcolici", che sono un misto tra pub, club, e discoteca.
Se quello che vuoi è semplicemente un buon caffè, devi andare in caffetterie specializzate, che esistono ma fanno parte di catene e sono costosissime (starbucks, tous le jours ecc).
La gente qui fa colazione con delle specie di frittate che vendono per strada, schiacciatine ripiene di cipolla, strane erbe, a volte carne, e cosparse di salsa puzzolente.
Per quanto riguarda la funzione rilassante del bar, essa è svolta ormai da millenni dalle Case da thè, luoghi di ritrovo e svago, dove si sorseggia thè, si mangiano semi di girasole (quelli che diamo ai criceti, per intenderci), spiedini di piccole mele glassate (糖葫芦 tang hulu) e, occasionalmente, si guardano piccoli spettacoli casalinghi sul palco del locale.
Insomma, niente a che vedere col bar.

Per quanto riguarda i bar alcoolici è necessario un post a parte.

venerdì 26 dicembre 2008

Tempo

Sono sempre stata un pò in ritardo, su tutto.
Ho capito in ritardo
un sacco di cose.
Per esempio che ero diventata una donna, che dovevo smetterla di vestire e comportarmi come un maschio, che dovevo farmi baffi e sopracciglia.
Ho capito troppo tardi come si doveva fare per non risultare detestabili, ma non ho sempre fatto in modo di prendere provvedimenti.
Sono lenta, carburo davvero troppo lentamente.
Se inizio una cosa, è probabile che un anno dopo ancora non mi sia resa conto di esserci dentro fino al collo.
E poi
sono distratta, approssimativa, con la testa per aria.
Tutto questo per dire che?
Ogni mattina a lezione faccio almeno 5 minuti di ritardo.
E più mi sveglio in anticipo, più faccio ritardo.

Quando esco di casa la mattina, c'è una specie di brina depositata su tutto. Lampioni arruginiti, cespugli tagliati storti, biciclette ammassate qua e là, automobili dell'88.
C'è la brina perfino sulle persone, la mattina.
Quando esco di casa c'è sempre un gruppetto di vecchi, sparsi per il cortile del palazzo, che girano camminano si stiracchiano e quando passo di fretta mi fissano come se fossi uno strano evento perturbante.
E' una questione di tempi vitali. Se dentro di me tutto è estremamente lento, il mio reale ritmo biologico è concitatissimo e per questo i vecchi cinesi, la mattina, proprio non riescono a capacitarsi della mia velocità, della mia frenesia.
Loro sono svegli dalle 5 del mattino, probabilmente si sono già dedicati ad un'ora di Taichi.
Io sono sveglia dalle sette e mezzo e alle otto già mi scapicollo alla ricerca della bici che, puntualmente, mi è stata spostata chissà dove. Ogni giorno in un posto nuovo, sempre più casuale.
come una caccia alle ovette di pasqua e ai conigli di cioccolato. Solo che qua il massimo che posso sperare è che, questa volta, non mi abbiano distrutto qualcosa.
Ma nel breve tragitto che dal portone del palazzo conduce al garage, sono almeno 5 i vecchi che ogni mattina, immobili, mi fissano e con lo sguardo mi seguono, fino a vedermi scomparire in groppa alla bici sbilenca, dietro la prima curva, inghiottita dalla foschia.
I loro piccoli occhi sono solo fessure, i loro cappotti rossi e verdi li tengono caldi in maniera miracolosa. Sono visi marmorei, custodi di una pazienza e di una filosofia di vita a cui io non posso avere accesso.
Soprattutto perchè non mi sveglierei mai alle 5 per fare Taichi.

martedì 23 dicembre 2008

Natale in Cina

In attesa del prossimo cinepanettone (anateeema! ho usato una parola alla Studio aperto)
ecco un vero Natale in Cina.
Per chi di voi che non avesse mai passato un Natale lontano da casa, vi dico io come si sta:
na munnezz.
Il Natale è, già di per sè, una festa che mi porta malinconia.
Ma la malinconia scompare quando ti ritrovi circondato da mille zie, cugini, "zii". Le solite follie, i soliti parenti. La tombola, il cibo per ore ed ore ed ore,le mutande di zia maria, l'alberello da nonna Pia, sbilenco ma ancora vivo, il mio presepe vecchio di secoli...
Sono i momenti in cui amo la mia famiglia, le mie cose, la mia nazione e tutto quello che la mia cultura si trascina dietro.
Quando mi hanno chiesto, quest'estate, se tornassi o no per natale, mi sono detta: ma chi se ne frega!
Sottovalutavo il potere di questa festa. O della mia nostalgia.
D'altro canto non è nemmeno giusto far credere che io sia qui, sola, nella mia stanzetta gelida a piangere sul latte versato (o perso)
Per domani è in programma una cena qui a casa. 12 persone e un sacco di roba da mangiare, tra cui vongole e camembert.
E qualche decina di litri di vino.
BUON NATALE!
圣诞快乐!

domenica 21 dicembre 2008

diario di bordo:congelamento.

Giorni di chiusura ed esilio.
Minima -16, massima -9, che c'è da fare?
Domani però si esce a forza, per andare a scuola. Sarà dura, ma resisteremo!

giovedì 18 dicembre 2008

Magnula zai nar

A grande richiesta, breve spiegazione di un modo di dire comune nei primi mesi di residenza in quel di Beijing.
Tutto nasce dal nome cinese di Manuela, ovvero Magnula. Perchè proprio Magnula e non altro?
A questo non so rispondere, spesso è solo una questione fonetica, altre volte invece ci si basa su ideogrammi più o meno significativi.
Io, per esempio, mi chiamo Madinà, con accento sulla à. Marika si chiama Malikè...e via discorrendo.
Ma perchè non usare i nostri nomi di battesimo?
a questo so rispondere. E' perchè i cinesi certi suoni non li riconoscono (tipo r, n, l...le confondono in continuazine) e, soprattuto perchè bisogna essere in grado di scrivere il proprio nome in ideogrammi, e non esistono ideogrammi che esprimano foneticamente i nostri nomi. Per cui, alla fine, si sceglie il meno peggio.
Eccoci dunque a Magnula, nome d'arte di Manuela.
E "zai nar?"
Zai nar significa "dov'è?", e di per sè il tutto non fa molto ridere, anche perchè una traduzione letterale sarebbe "manuela dov'è?".
E' necessario un racconto breve, ma ve lo dico: se non c'eravate è difficile comprenderne il senso recondito.

Tutto ha inizio nel mese di Settembre, detto anche il mese della cuccagna, mese di bivacchi, di prime conoscenze, di aspettative e passaporti.
In quel periodo con Marika e Magnula si faceva trio fisso, si faceva tutto insieme, e, soprattutto, si facevano le lavatrici.
Un giorno decidiamo di fare la lavatrice, decidiamo un orario "alle 4 da marika", dato che marika è quella col pugno di ferro e la lavatrice più vicina. Abbiamo i gettoni, abbiamo i panni, dobbiamo solo aspettare l'ora stabilita.
Alle 4 dunque mi reco da Marika, con la mia bacinella di panni sporchi (immaginate le facce dei coreani in ascensore), busso infine alla sua porta. Anche lei è pronta, con panni e saponi.
4 e dieci, magnula ancora non si fa viva.
Vabbè, scendiamo a chiamarla.
Salutiamo la compagna di stanza coreana di marika e scendiamo a chiamare magnula. Bussiamo alla sua porta, ma di lei nemmeno l'ombra. Sarà scesa a prendere un caffè?
scendiamo a vedere,nulla.
ma forse è tornata in camera.
saliamo, ma nulla.
ei ma può darsi che ci aspetta in lavanderia!
saliamo ancora, ma la lavanderia è vuota
tutto chiaro: è di certo nella stanza di marika! sarà salita quando noi siamo scese!
presi dalla OVVIA ansia e il più che naturale NERVOSISMO (?)apriamo di tutta fretta la porta della stanza di marika, ma l'unica cosa che vediamo è la povera coreana seduta alla scrivania, sorridente. E marika le fa:
MA MAGNULA, ZAI NAR????
con un tono che nemmeno Bud Spencer nell scene clou.
La coreana balbetta parole senza senso, io guardo marika e scoppiamo a ridere.

In quel mentre, ovviamente, arriva Magnula, sorridente anch'ella. Le spieghiamo tutto l'andazzo e da allora la chiamiamo Magnulazainar, che ci sta sempre bene perchè magnula non è mai dove dovrebbe essere.
Inutile dire che non abbiamo mai saputo dove si fosse cacciata quel dì.

giovedì 11 dicembre 2008

Grande Muraglia I love you

Eravamo rimasti seduti in un pullman iperaffollato, con cinesi appesi pure agli scomparti per le borse.

E infatti eccoci, nei primi due posti del pullmann, che in realtà erano delle due "guide"-manager del viaggio organizzato.

La giovane, una bella ragazza dalla faccia annoita dalla vita, tediata dal lavoro, ptraticamente odiosa, comincia a ritirare i soldi. Come quasi tutto in cina, anche il pagamento del tour è a caso. Ad alcuni ritira 100 kuai, ad altri addirittura 160 ciascuno. A noi solo 80. Mi viene il dubbio che c'è qualcosa che non ho capito, ma lascio correre: l'importante è che si vada alla Grande Muraglia (che d'orain poi, per brevità, chiamerò amichevolmente GM).

Dopo la confisca del denaro, comincia subito la sua alacre illustrazione dei diritti e doveri del passeggero. Accenna a chiedermi se so il cinese (sono l'unica occidentale del pullmann? no, c'è un'altra coppia di cui poi denarrerò le gesta), io rispondo "più o meno" e lei fa: OK.
A quel punto iniziano i 30 minuti del terrore, durante i quali la giovane, senza respirare, bere, cedere ad alcun tipo di distrazione, spiegherà in un cinese velocissimo e pressappoco incomprensibile, i famosi diritti e doveri del partecipante.
Per fortuna alla fine arriviamo in un bel posto, una bella porta antica che prosegue in una muraglia gracile ma coraggiosa, che non teme le rocce spioventi. BELLO, ma non è la nostra meta.
Maccome? Il pullmann non si ferma e ci lascia alle spalle il bel panorama muraglioso. Vabbè ma che sarà mai, in fondo è tutto uguale.

Arriviamo infine alla GM, la meta supposta, ma mica poi tanto, e scopriamo che la guida vecchia è isterica almeno quanto quella giovane. Sventolando la sua bandierina gialla ci dice che saliremo da soli sulla muraglia e che abbiamo precisamente un ora e venti minuti per scalarla perchè alle dieci e mezzo l'appuntamento è al parcheggio. Chi c'è c'è, chi non c'è non c'è.
Rimango allibita, mi avvicino e le chiedo come sia possibile che il tutto finisca alle 10 e mezzo..non era fino alle 5? E lei mi dice che dopo si va alle tombe Ming. Poi mi chiede se conosco quei due, quei due chi? Mi giro. I due unici occidentali del bus, due cinquantenni biondi, incappottati, sorridenti e allegri.

Embè? No, non li conosco.

No perchè loro non parlano una parola di cinese.

Rimango allibita per la 40esima volta oramai. Ma come??E io che devo fare?

SPiegagli quello che abbiamo detto e bada che non si perdano.

Ed eccomi lì, balia di una coppia di 50enni polacchi folli che si sono messi in un tour di cinesi senza capirci una mazza. Sorrido, mi sorridono. Scambiamo quattro chiacchiere, più che altro ce le scambia Marco perchè io sono in preda a dubb esistenziali quali:

LE TOMBE MING?????
e cose del genere.

In più siamo ben consci del fatto che la scalate deve essere veloce e diretta,senz indecisioni e ripensamenti.

Cominciamo dunque a inerpicarci su scale, pendii, a farci largo tra la folla di cinesi, donne vecchi e bambini, affaticati su scalini di mezzo metro, aggrappati ai corrimano, seduti a terra a intralciare il traffico. Ogni tanto mi giro ed ecoli là, i polacchi, felici, sorridenti, inebetiti, ottimisti.
Poi li perdo di vista. Forse sono avanti, forse dietro (in fondo hanno una certa età).
Alla fine arriviamo al capolinea. Le colline aride, la Grande Muraglia che si estende ancora a perdita d'occhio. il paesaggio "brullo", come nella descrizione della Lonely planet.
Qualche foto e poi si torna indietro, per non perdere il bus.

La discesa è più pericolosa della salita, bisogna stare molto attenti.
- chissà quanti cinesi ci sarannomorti qui..-
- per costruirla? innumerevoli...-
- no, per scalarla!-

in effetti non è una passeggiata. E quello che stupisce è la lena con cui certi vecchi ci si arrampicavano su, e l'incoscienza con cui certi genitori ci trascinavano i bambini in lacrime.

Chissà, forse è un rito di passaggio.

Arrivati all'uscita seguiamo un cinese che era nel pullman con noi all'andata, il tizio accelera il passo finchè quasi non scompare tra la folla. Mancano 3 minuti alla partenza, praticamente sembra una maratona. Mi giro e Marco non cè, ma non importa: ormai sono presa dalla folle corsa contro il tempo.
Alla fine giungo al bus, che riconosco solo grazie alle due guide isteriche che si sbracciano
- e i due polacchi?
mi fanno. Ma io non ne so nulla.
marco mi raggiunge, il bus parte e dopo pochi metri vediamo i polacchi all'orizzonte.
Sempre sorridenti, sempre allegri.

Prossima tappa: pranzo.

martedì 9 dicembre 2008

Sotto la panca...

...la capra crepa?

Se è per questo la capra crepa anche senza panca.
Oggi mentre passeggiavamo sotto il freddo pungente, avvolta nella mia enorme sciarpa viola, dopo aver subito l'ironia di mezza classe e di qualche passante ("ma dov'è la tua testa? ahahhahahahahah") e in direzione di un improbabile esame di cinese (ma va?), la mia amica Paola e io notiamo strani movimenti davanti al musulmano.
Il musulmano è un ristorante così chiamato perchè è musulmano. Un ristorante di dubbia reputazione ma non per razzismo verso i musulmani, più che altro per realistica mancanza di igiene e per i modi barbarici di camerieri e cuochi.
Ancora più barbarici di quelli del cinese comune?
si.
In ogni caso si passava davanti al musulmano, rinomato anche per la sua puzza, quando notiamo due enormi carcasse pelose per terra, circondate da cinque o sei uomini in camice da lavoro e cappello da cuoco.
Siamo fuggite via, supponendo che, nella migliore delle ipotesi, i due cadaveri riversi sulla lurida strada fossero capre. Quelle del famoso spiedino di capra dal musulmano.

che Dio li perdoni.

giovedì 4 dicembre 2008

不到长城非好汉

ovvero: "non sei un vero uomo se non hai scalato la Grande Muraglia"


Tutto cominciò un freddo pomeriggio di novembre.
Dopo esserci persi (e ritrovati)negli hutong di Qianmen, ci accingevamo ad uscire dal budello di strade e stradine, per ritrovarci così a piazza Tiananmen e continuare i nostri giri.
Fu così che lo sguardo fu attratto da un cartello che illustrava il prezzo di una gita alla Grande muraglia: andata, biglietto e ritorno, più pranzo, solo 80 kuai.
Un vero affare, dato che sia l'agenzia che i taxi che tutti coloro coi quali avevo parlato mi avevano detto che sotto i 150 kuai era ben difficile trovare qualcosa.
E invece qui, in mezzo agli hutong, una scritta in cinese per cinesiprometteva mari e monti. Sospettosa ho fatto le domande di rito: tutto compreso? certamente! ci venivano anche a prendere sotto casa (sempre secondo l'usanza cinese che i bus vanno a prendere lepersone).
Ci riserviamo di riflettere ancora qualche giorno, ci spremiamo le meningi, ma a conti fatti sembra un affare lo stesso.
COSA POTEVA MAI ESSERCI DI COSì TERRIBILE?
Decidiamo di accettare, in pomeriggio richiamo per accertarmi delle condizioni: saremo con un tour di cinesi, senza guida in inglese (ma che ce frega!meglio così alleno il mio cinese!)la partenza è alle sei e mezzo e il ritorno alle 5 del pomeriggio.
Un attimo per pensare: che cazzo facciamo dalle 6 e mezzo alle 5 di pomeriggio? vabbè, la Grande Muraglia è lontana, poi magari lì ci fanno mangiare pure...insomma, ci sta.D'accordo.Siamo eccitati, contenti, soddisfatti.
Arriva la mattina della partenza, o meglio l'alba della partenza.
Sveglia alle 5, alle sei e un quarto fuori casa perchè la tizia mi aveva detto di farci trovare pronti alle 6 e mezzo. Ma ovviamente alle 6 e mezzo arriva la chiamata del tizio che ci viene a prendere:dove siete?siamo qui, al posto dell'appuntamento, la porta orientale dell'università.
AH ok tra 3 quarti d'ora arrivo.3 quarti d'ora lì e rischiavamo seriamente il congelamento.
Allora lo richiamo e gli dico di venirci a prendere proprio sotto casa e lui sulle prime non capisce dove abito, poi finge di capire e dice che va bene.tre quarti d'ora e sette telefonate dopo finalmente capisce dove abito.
SI presenta un pulmino da 5 posti, in cui però ci sono già 4 persone e ne saliranno almeno altre 5. Soliti cinesi.
Ci porta in un posto sperduto ma raggiunto da metro, dove dopo qualche minuto di attesa ci raggiunge il vero Bus, grande e grosso, carico di cinesi allegri e coglioni come noi.Si parte!
fine prima puntata.

martedì 2 dicembre 2008

Multiculturalità e 饺子(jiaozi)

Rimando ancora un pò l'esilarante episodio della grande muraglia (curiosità a mille!), per fare una riflessione estemporanea.
Nella mia classe ci stanno un inglese un francese e un napoletano e non è una barzelletta, è davvero così. Tranne che di francesi ce ne stanno due e poi c'è una thailandese che assomiglia ad un pesce, due Messicani, un Ecuadoregno, un austriaco, un'australiana, un'iraniana, due mongole, due coreane, una kazakha, un uzbeko loschissimo, una ceca, tre giapponesi e una perugina.
Io adoro i giapponesi, mi piacciono un sacco. La mia compagna di banco è giapponese, e anche il ragazzo seduto dietro di me è giapponese. Lei è un bel pò silenziosa, molto seria e molto dolce, di classe, lui invece è un chiacchierone alto un metro sessanta (peserà 50 kg), iperattivo e simpaticissimo. Nelle pause tra un'or e l'altra se non chiacchiero con la perugina (Paola, che in realtà è per metà olandese) parlo sempre con loro o li ascolto parlare il loro placido giapponese. A volte ai loro discorsi si aggiunge un terzo nipponico, venuto a fare visita, la cui velocità nel parlare è pari solo a quella di uno spagnolo.
Ed è successo oggi, allo scadere della terza ora, proprio all'inizio della pausa. Ho sentito tutta insieme la bellezza di questa fetta della mia vita.
I due giapponesi che parlavano giapponese, i due francesi che parlavano francese, i suoni delle varie lingue che si mischiavano, la familiarità della lingua madre, l'estraneità della lingua straniera che però diventa magicamente suolo su cui piantare nuovi semi, sorpresa, gioia.
E' tutto così diverso e al tempo stesso familiare, affascinante e casalingo.
La mia vita in questa enorme città da cui nessuno si fa inghiottire, in cui gli abitanti continuano imperterriti a muoversi su bici arruginite, con la loro arte di sopravvivere vecchia di millenni, la mia vita qui è serena.
Sento gi stimoli, lo scorrere del tempo che da un lato è tiranno, dall'altro è un amico che mi riporterà presto a casa dagli affetti, dall'amore di chi mi ha visto crescere e sa come sono.
Tralaltro, a arte questa epifania nel banco di scuola, la mia positività deriva anche da bel pomeriggio passato a cucinare i 饺子(jiaozi) insieme alle language partners mia e di marika, e a un altro cinese loro amico. Cinque persone, di cui una totalmente incapace in tutto ciò che esiste di minimamente pratico (chi sarà mai), a imbottire i ravioli di erbe, verdure, carne e ingredienti che non saprei come definire. Alla fine, dopo molte ebollizioni e altrettanti inzevamente, ecco pronti i famosi "ravioli al vapore" o jiaozi o 饺子,per chi se ne intente. Puzzolenti ma davvero buonissimi.
Dopo aver mangiato i cinesi sono fuggiti via, cordialmente e amichevolmente. Li abbiamo invitati ad una cena italiana, una cosetta semplice che non abbiamo ancora deciso.
E' stato bello, si, anche se adesso la casa puzza un pò di verdure cinesi e ci sono avanzati talmente tanti jiaozi che possiamo mangiarci altri due giorni
loro hanno detto "teneteli voi, li mangiate domani a colazione!"
certo, li inzupperemo nel caffè.